La Corte di Cassazione riconosce una maggiore protezione al fondo patrimoniale.

Con la sentenza n. 1112 del 22 gennaio 2010 viene infatti accolto il ricorso avverso l’acquisizione alla massa fallimentare di un fondo patrimoniale.

Il principio di diritto di sicuro interesse espresso dalla Suprema Consulta sta nell’espressa affermazione dell’impossibilità del fondo patrimoniale ad essere “assorbito” dalla massa fallimentare in quanto patrimonio “separato”, e ciò anche dopo le nuove disposizioni in materia fallimentare (la riforma del 2006).

Sotto tale profilo la norma cardine è quella di cui all’Art. 155 legge Fallimentare ( come modificato dal Dlgs n. 5 del 2005) che espressamente riconferma il principio della non confondibilità, e la conseguente non acquisibilità alla massa fallimentare di quei beni destinati ad assolvere specifiche esigenze nel rispetto di canoni normativi precisi e ben individuati come quelli propri del fondo patrimoniale .

L’immobile dell’imprenditore fallito che sia stato ,da tale ultimo, conferito in un fondo patrimoniale sarà “salvo” dalle pretese del curatore.

In relazione ai requisiti del fondo patrimoniale si ricorda inoltre che il medesimo, per poter essere validamente opposto a terzi, deve essere annotato a margine dell’atto matrimoniale.

Ai sensi dell’art. 162 c.c. infatti il fondo patrimoniale è da qualificarsi come convenzione matrimoniale. Pertanto la mera trascrizione, ai sensi dell’art. 2647 c.c assolve alla mera funzione di pubblicità notizia e non può pertanto “sanare” un eventuale difetto di annotazione.

Il requisito essenziale, per il quale non vi sono misure “alternative” dell’annotazione a margine dell’atto matrimoniale, è stato definitivamente sancito dalle sezioni Unite con la decisione n. 21658/09 che fuga ogni dubbio interpretativo in merito alle disposizioni di cui all’Art. 162 comma 3 del c.c. .