La Cassazione, con la recente ordinanza del 24 febbraio scorso, ha affermato che la revoca dell’assegnazione della casa familiare non deve costituire un effetto automatico del collocamento paritetico fra i due genitori del figlio minore.

La decisione del Giudice incaricato di dirimere le questioni nascenti dalla crisi familiare, infatti, deve tenere conto primariamente dell’interesse dei figli.

La Corte d’Appello di Venezia, decidendo sul reclamo proposto dalla madre, aveva confermato la pronuncia di primo grado che a sua volta aveva stabilito l’affido condiviso della figlia minore, il diritto di visita paritetico in favore di ciascun genitore, la revoca dell’assegnazione della casa familiare alla madre, la revoca dell’assegno di mantenimento per la minore a carico del padre, la fissazione della residenza formale della minore presso la casa familiare.

In motivazione la Corte d’Appello premette che l’assegnazione della casa familiare è solo frutto di disputa tra i genitori.

La soccombente ricorre allora alla Suprema Corte, denunciando nel primo motivo del ricorso la decisione del collocamento paritetico della minore senza considerare la condotta violenta del padre e il disagio della minore per il venire meno del collocamento prevalente presso la madre.

Motivo che gli Ermellini accolgono, precisando che quando nel conflitto familiare sono presenti minori, il giudice deve decidere tenendo conto del loro interesse primario.

In particolare la decisione relativa all’assegnazione della casa familiare deve essere presa ogni volta che il minore si è radicato in un certo habitat. Nel caso di specie la minore è cresciuta nella casa familiare insieme ai due genitori e poi è rimasta a vivere nella stessa abitazione con la madre collocataria.

La decisione di optare per la collocazione paritetica non condiziona necessariamente la decisione sulla assegnazione della casa familiare o sulla sua revoca, occorre infatti indicare le ulteriori ragioni di una scelta nell’un verso piuttosto che nell’altro, ragioni che devono rispondere sempre al preminente interesse del minore.

La motivazione è tanto più necessaria se il provvedimento riguarda una minore in tenera età, poiché non si può prescindere dagli eventuali riflessi sul relativo sviluppo fisico e psichico dell’allontanamento immediato del genitore a cui era stata assegnata la casa familiare, habitat preferenziale del minore.

Ne consegue che la revoca della casa familiare non costituisce un effetto automatico del riconoscimento del collocamento paritetico o del diritto di visita paritetico.

Il giudice che assume una tale decisione non può fornire come unica motivazione la buona relazione del/della figlio/a minore con entrambi i genitori. Una simile decisione deve essere presa solo se il/la minore può trarne un effettivo beneficio. Principio di cui il Giudice di prime cure (e poi la Corte d’Appello che ha confermato la relativa sentenza) non ha fatto buon governo, stante la statuizione della revoca dell’assegnazione della casa familiare alla madre in favore del padre che ne è proprietario, senza fare riferimento alcuno alle ragioni che si riferiscono alla minore e al suo interesse.