Le Sezioni unite civili si pronunciano in materia di diffamazione a mezzo stampa ed erronea attribuzione della qualità di imputato al posto di indagato o di un fatto diverso rispetto a quello per cui si indaga  (Cass., SS.UU. civ., sent. su ord. n. 12239/2024)

La recente sentenza delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione interviene su una questione di grande rilievo pratico e teorico: i limiti del diritto di cronaca giudiziaria nei casi di diffusione di notizie tratte da atti processuali, e i riflessi sul piano della responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa.

Il contrasto giurisprudenziale

La questione era stata sollevata dalla Prima Sezione civile, che con ordinanza interlocutoria n. 12239 del 2024 aveva rimesso agli Ermellini la risoluzione del contrasto interpretativo tra giurisprudenza civile e penale circa l’applicabilità dell’esimente del diritto di cronaca giudiziaria nei casi in cui vengano riportate in modo inesatto le qualifiche soggettive del procedimento penale (indagato/imputato) o le caratteristiche del fatto di reato.

Il principio di diritto

Le Sezioni Unite, nel delineare i confini dell’esimente, hanno affermato che:

il diritto di cronaca giudiziaria non può giustificare la diffusione di notizie in cui si attribuisca falsamente a una persona lo status di imputato (anziché di indagato), oppure si rappresenti un fatto diverso nella sua struttura essenziale rispetto a quello realmente contestato, specie se tale alterazione risulta idonea a ledere la reputazione dell’interessato.

Fa eccezione il caso in cui il giudice del merito accerti che il contesto della pubblicazione sia tale da modificare in modo chiaro e inequivoco il significato potenzialmente diffamatorio delle informazioni pubblicate.

Il rilievo giuridico e sociale della distinzione tra “indagato” e “imputato”

La Corte ha valorizzato la differenza sostanziale – giuridica e sociale – tra l’essere sottoposto a indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.) e l’essere formalmente imputato a seguito dell’esercizio dell’azione penale. Si tratta di una distinzione non solo formale, ma sostanziale, che incide sulla percezione pubblica del grado di coinvolgimento della persona in un fatto penalmente rilevante. L’erronea attribuzione dello status di imputato comporta una grave alterazione della realtà processuale, con potenziale lesione dell’onore e della reputazione dell’interessato.

Il bilanciamento tra libertà di informazione e tutela della reputazione

La sentenza si inserisce nel solco di un orientamento volto a bilanciare la libertà di informazione con la tutela della dignità personale. La Corte conferma che il diritto di cronaca – ancorché coperto da rilievo costituzionale (art. 21 Cost.) – trova un limite nel rispetto della verità sostanziale dei fatti e della correttezza nell’uso delle fonti.

Non è sufficiente, infatti, che la notizia sia desunta da un atto giudiziario: è necessario che essa sia riportata in maniera conforme alla realtà giuridica e processuale, evitando sovrainterpretazioni o semplificazioni giornalistiche che alterino il significato delle qualifiche processuali o la gravità dei fatti.

Conclusioni

La pronuncia delle Sezioni Unite costituisce un importante arresto giurisprudenziale che riafferma la centralità della precisione nella comunicazione giudiziaria e impone maggiore rigore alle fonti giornalistiche nel trattare atti giudiziari, soprattutto in una fase – quella delle indagini preliminari – ancora fluida e priva di garanzie pienamente attuate per l’indagato.

Si tratta di un intervento che ha l’effetto di rafforzare le tutele individuali nei confronti dei media, in un’epoca caratterizzata da una rapida diffusione di notizie giudiziarie e dalla conseguente esposizione mediatica di soggetti ancora lontani da una condanna definitiva.