Sentenza Tribunale di Gela 06. 05.2014 n. 291

Con la summenzionata pronuncia il Tribunale di Gela ha dichiarato la nullità di tutta una serie di operazioni di investimento finanziario poste in essere da due coniugi (titolari di un conto corrente bancario presso noto istituto di credito) per difetto di forma e mancanza del consenso del contratto di intermediazione finanziaria.

Conseguentemente il predetto istituto di credito veniva condannato (ex. art. 2033 c.c.) alla restituzione (a favore degli investitori) delle minusvalenze prodottesi a seguito delle operazioni effettuate da questi ultimi .

Con la Sentenza in questione il Tribunale siciliano accertava e dichiarava la nullità del contratto quadro per difetto di forma (ex. art. 23 Dlgs n. 58/1998) e per mancanza di consenso non essendo stato il predetto negozio concluso per iscritto .

Gli attori avevano infatti messo in atto un rapporto di conto corrente bancario nonché un rapporto di intermediazione finanziaria senza, tuttavia, sottoscrivere il contratto quadro contenente il regolamento da applicarsi alle singole operazioni di investimento .

La banca si era infatti limitata a produrre un documento denominato Richiesta di apertura rapporti (sottoscritto dagli investitori) con il quale veniva estesa l’accettazione degli investitori medesimi ad altri documenti integranti il modulo di apertura dei rapporti di investimento (quali appunto il contratto quadro)

Tale elemento è stato ritenuto insufficiente poiché inidoneo a poter ritenere rispettato il requisito della forma scritta (ad substantiam); non è dunque sufficiente il mero richiamo di un documento (quale il regolamento contrattuale di cui trattasi) per poterne pretendere la sua applicabilità se lo stesso non viene espressamente sottoscritto dall’investitore.

Pertanto la mancata sottoscrizione del contratto quadro di cui trattasi (separatamente al contratto di conto corrente) ha come ineludibile conseguenza la mancata formazione del consenso (ex. art. 1325 c.c) oltre che evidenziare il difetto di forma scritta richiesta ad substantiam a mente dell’art. 23 Dlgs. 58/98.

Per tali ragioni il tribunale di Gela, previa declaratoria della nullità del contratto di intermediazione finanziaria di cui trattasi, ha condannato la banca a restituire agli attori le somme investite previa decurtazione di quanto da questi ultimi percepito a titolo di controvalore della vendita delle cosiddette cedole trattandosi comunque di introiti riferiti a titoli acquistati in forza di contratti nulli e quindi privi di causa.