Laddove nei contratti con i consumatori una clausola sia nulla perché abusiva, non è applicabile al contratto la norma di diritto dispositivo alla quale il professionista predisponente intendeva derogare. Nel caso in cui il tasso degli interessi moratori sia manifestamente eccessivo nei contratti di finanziamento predisposti da una banca nei confronti dei consumatori, in particolare, la clausola è nulla perché abusiva fino a prova contraria e nessun interesse moratorio è dovuto per il ritardo nel pagamento delle rate, fermo restando il decorso degli interessi corrispettivi contrattualmente pattuiti . E’ allora onere della banca provare il danno risarcibile a essa eventualmente cagionato dalla mora debitoria, ai sensi dell’art. 1223 c.c

Arbitrato Bancario Finanziario. Collegio Roma. Ordinanza 23.05.2014

 

 

Il caso trae origine da dei contratti di finanziamento che prevedevano tassi di interesse corrispettivi e moratori oltre quello di usura; da qui la richiesta del ricorrente di vedersi riconosciuta la nullità dei contratti medesimi e la restituzione del “maltolto”.

Il collegio (dopo avere comunque chiarito che per verificare se sia stato superato il limite di cui all’art. 644 c.p., il tasso degli interessi moratori non deve essere sommato a quelli corrispettivi), è chiamato a stabilire se la declaratoria di nullità della clausola che determina in misura manifestamente eccessiva il tasso degli interessi moratori, comporti il fatto che gli stessi debbano comunque essere corrisposti a mente dell’art. 1224 c.c comma 1 e se , dunque, il contratto debba o meno essere integrato con il diritto dispositivo . Non avendo riscontrato precedenti in ambito giurisprudenziale nazionale il collegio focalizza l’attenzione sulla direttiva 93/13/CEE (clausole abusive); viene così privilegiata la interpretazione secondo la quale la declaratoria di nullità della clausola che determina in modo manifestamente eccessivo gli interessi moratori (poiché abusiva) comporta che gli stessi non sono dovuti affatto fatta salva la facoltà della banca di chiedere il risarcimento del danno secondo le regole ordinarie e senza alcuna possibilità di poter integrare il contratto secondo il disposto di cui al primo comma dell’art. 1224 c.c .

Secondo il Collegio in tale ultima ipotesi verrebbe sovvertita la legislazione europea (art. 6 e 7 di cui alla predetta direttiva 93/13/CEE).

Pertanto, evidenzia il collegio, l’art. 1224 c.c comma 1 si rivelerebbe inidoneo a “fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti con i consumatori”; la applicazione della norma dispositiva quindi (art. 1224 c.c) che andrebbe a limitare gli interessi moratori al medesimo saggio di quello previsto per gli interessi compensativi, sarebbe in contrasto con quanto disposto dalla direttiva europea di cui sopra posto che, di fatto, andrebbe ad inertizzare quell’effetto dissuasivo nei riguardi del professionista che si realizza, al contrario, con la pura e semplice disapplicazione della clausola abusiva . Così facendo il professionista non rimane “tentato di utilizzare tali clausole, consapevole che, quand’anche fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal Giudice nazionale”.