Il proprietario di un appartamento (ad uso abitativo) in condominio può adibire il suo appartamento (o alcune stanze di esso) ad attività di B&B senza il preventivo consenso della assemblea?
Anticipiamo subito che la risposta è affermativa, ma ad alcune condizioni.

Sul punto la Corte di Cassazione (Sentenza 20.11.2014 n. 24707), ha osservato come l’utilizzo della propria abitazione come b&b, non determini una modificazione della destinazione d’uso dell’immobile; anzi la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per l’utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell’attività di bed and breakfast.
Tuttavia, occorre accertare che il regolamento condominiale di natura negoziale (per intenderci il documento siglato da tutti i condomini proprietari al momento dell’acquisto) non vieti in modo esplicito il b&b.

In tal caso il proprietario interessato ad intraprendere la attività di cui sopra dovrebbe ottenere una modifica (alla unanimità) del regolamento (contrattuale).

La Cassazione (Sent. 07.10.2020 n. 21562) ha poi chiarito che, qualora il regolamento vieti le attività commerciali all’interno dello stabile, non sarà possibile avviare attività di b&b in quanto, pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, presenta caratteristiche analoghe a quest’ultima implicando (come per un albergo) una attività imprenditoriale con tanto di contatto con il pubblico.

Se dunque non sono rinvenibili ostacoli nell’ambito del regolamento (contrattuale) è possibile avviare l’iter per la apertura del b&b recandosi presso l’ufficio regionale competente (e senza la necessità di ottenere preventivamente alcuna delibera del condominio).
Negli ultimi anni ciascuna Regione ha previsto normative differenti (ad esempio riguardo al numero massimo di camere e ospiti) ma solitamente, per procedere, è necessario presentare la Scia allo sportello unico delle attività produttive del Comune in cui si trova l’immobile.