Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. III  – sent. n. 7112 del 21/03/2013) si è pronunciata sulla questione relativa alla richiesta di risarcimento sollevata da una anziana signora caduta, per aver messo un piede in una buca del manto stradale, del Comune di Roma, non visibile a causa delle foglie che la ricoprivano.

La Corte di Cassazione ha confermato quanto già stabilito nei precedenti gradi di giudizio; infatti sia il Tribunale e sia la Corte di Appello di Roma hanno rilevato la non sussistenza, nella fattispecie in esame, di una insidia, poiché la buca, pur essendo ricoperta di fogliame, era visibile sia per le sue dimensioni che per la presenza di illuminazione artificiale.

La Corte di Cassazione dunque precisa che, sebbene il più recente e consistente orientamento giurisprudenziale, la disciplina dell’art. 2052 cod. civ. si applichi alla P.A. a prescindere dell’estensione del bene oggetto di vigilanza e di controllo, tale normativa tuttavia comporti l’onere per il danneggiato di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno.

In particolare, secondo la Corte di Cassazione alla parte attrice spettava il compito di “dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa”, mentre restava a carico del Comune di Roma in qualità di custode “offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità , mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.

La Corte di Cassazione, dunque, si è uniformata a quanto dedotto in sede dei precedenti due giudizi di grado secondo cui, nella fattispecie in esame non fosse applicabile l’art. 2051 cod. civ., poiché l’estensione viaria della città è talmente ampia da rendere impossibile un continuo ed efficace controllo dell’uso che i cittadini ne fanno parte da parte della pubblica amministrazione.

Inoltre, non essendo presente alcun teste sul luogo del sinistro in grado, dunque, di confermare la dinamica dell’incidente, ad avviso dei giudici di secondo grado nel caso in esame si sarebbe potuto “configurare un dinamismo diverso che ha prodotto la caduta mancando qualsiasi certezza che la irregolarità del manto stradale abbi avuto incidenza causale nel verificarsi dell’evento dannoso”.

Pertanto, la Suprema Corte ha emesso sentenza dichiarando la inesistenza della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. in capo al Comune di Roma, considerato che nel caso di specie la Corte di Appello ha escluso la presenza del nesso eziologico tra cosa in custodia ed evento dannoso, ovvero la circostanza che l’incidente fosse stato causato dalla buca sul manto stradale.