Ad affermarlo è la sentenza della Corte di Cassazione n. 22728/2018, ove gli ermellini si sono per la prima volta occupati dell’applicabilità della disciplina sulla vendita di beni di consumo ai contratti di vendita di animali. Nel caso esaminato l’acquirente, dopo qualche tempo dall’acquisto dell’animale riscontrava, sottoponendolo a TAC, una grave malattia cardiaca congenita. Veniva tuttavia comunicata tale circostanza solo dopo 9 giorni dalla scoperta della patologia, ricadendo così al di fuori del termine previsto dall’art. 1495 c.c. inerente ai vizi della cosa venduta.

Per dirimere la questione, i Giudici della Corte sono andati ad identificare l’animale d’affezione come “bene di consumo”, rendendo dunque possibile tutta una serie di azioni in capo all’acquirente (in caso di “vizio”), esattamente come se si stesse acquistando un qualsiasi altro bene di consumo. La denuncia del difetto dovrà avvenire entro 2 mesi della scoperta (termine assai più lungo rispetto a quello di 8 giorni previsto dall’art. 1495 c.c.) e potrà inoltre essere richiesta la sostituzione o la riparazione del bene (attuabile attraverso apposite cure), così come la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.

Attraverso la sentenza in esame è stata quindi finalmente superata l’impostazione dettata dalla L. n. 281/1991 e da una risalente giurisprudenza di merito in tema di animali d’affezione: si prevedeva l’impossibilità di invocare la garanzia codicistica nel caso in cui l’animale fosse di compagnia e privo di destinazione economico-funzionale, ma in realtà tale citata legge non opera sul piano dei rapporti tra privati e ad oggi la Cassazione ha definitivamente superato tale impostazione.