Una coperta militare, usata, grezza e ruvida. La tocco, mentre Marco Campomaggi osserva. La coperta rievoca in un secondo camerate lunghe, brande, finestre enormi, voci imperiose, mondoesterno censurato.
La vista consente di interpretare la realtà circostante con minima fatica; il tatto passa al cervello i dati elaborati più profondamente dalla mente: le percezioni trasmesseci, scolpite indelebili nella corteccia celebrale (Role of tactile and visual inputs in product evaluation: a multisensory perspective; M.S. Balaji, Srividya Raghavan and Subhash Jha IBS Hyderabad, Hyderabad, India, Shouth Pacif Journal of Marketing and Logistic).
Pensieri banali e personali, dopo tutto, se quella coperta fosse a casa mia o in una caserma. Essa invece, con altre centinaia, è nei magazzini, nel borgo di San Carlo di Cesena, dov’è un’azienda che conquista il mondo con vecchie coperte militari, rigenerate e mescolate con pelli e pietre preziose, per ispirare desideri ed eccitare trends dal Giappone agli USA.
Marco Campomaggi con la moglie Caterina, fondatori di Emergenti Italiani, sono leadership degli italiaci miracle workers, epitome della practical wisdom, celebrata da Hirotaka Takeuchi in The Knowledge Creating Company, bibbia del moderno management.
Campomaggi racconta la sua azienda trasudando le qualità del Level 5 leader: umiltà e selvaggia determinazione. (Level Five Leadership, the triumph of humility and fierce resolve, Jim Collins, Best of Harvard Business Review 2001).
Umiltà, abnegazione, consapevolezza del proprio valore vengono dalle sfide affrontate, vinte o perse, nel confronto che ti plasma, in un’azienda misurata coi prodotti piazzati o invenduti.
Il tatto: mani sporche che incrementano il fatturato oltre il 30 per cento in piena crisi, continuando a sporcarsi.
Esse sentono al tatto il cuoio conciato a nuova vita con le coperte militari, dando lavoro a 120 collaboratori dell’azienda.
Campomaggi evoca la vita in campagna fino ad undici anni, narra epici furti di susine recate alla tavola familiare, accolto da eroe ..the bringer of food come the bringer of rain…
Il racconto rimanda, istantanea antitesi raffigurativa, all’immagine più inquietante dell’ultima campagna elettorale: Milano, metropolitana, un billboard di baby-Monti già incravattato e occhialuto, lente d’ingrandimento in pugno, intento a esaminare i suoi francobolli. Angoscia, inquietudine incalzarono osservando quel bimbo, profezia mantenuta d’un disastro esistenziale prima che politico e infine economico, quel bimbo inconsapevolmente fesso al punto che, reputandosi maturo, qualche anno più tardi avrebbe piagnucolato in Parlamento: “Io non volevo venire a fare il Premier, siete voi che mi avete chiamato e io non vedo l’ora di andarmene”. Così disse il bambino dei francobolli:
meglio la DG4, meglio Bruxelles e le multe a Microsoft. Avere a che fare
con gli uomini. Sai che palle …già da piccolo preferivo i francobolli, tutti belli in ordine e silenti, proprio come sarebbero stati, dopo, gli studenti all’università.
“Chi è capace di riconoscere le proprie maschere vedendone in maniera fredda e con sana umiltà il limite della finzione, chi sa scorgere l’umanità degli altri e interagire con compassione e fermo realismo, ecco… è questa dualità, rarissima, che caratterizza i grandi leaders”. (Storytelling that moves people, a conversation with Robert McKee, HBR 2003).
I leader, veri, umili, determinati e consapevoli, li abbiamo anche noi, ci sono, basta poco per scovarli. Li teniamo però ben nascosti, mentre il circo dei grandi-piccoli uomini con la lente d’ingrandimento e i francobolli, continua con l’imperitura compilazione di statements ad minchiam, tanto grandiosi quanto vuoti come il “ce la
metteremo tutta” del Giovane Letta. Sempre lì, presenti, pronti a dividere tutta la realtà fenomenica, qualsiasi essa sia, in due ben distinte e precisamente delineate unità: i propri meriti e gli altrui demeriti.
La nostra crisi sistemica e strutturale è solo un problema di legge elettorale? Di decreti applicativi di norme pensate fuori dal contesto sociale?