Non l’ha presa bene il duro Bruce Willis quando ha scoperto davanti al notaio che non avrebbe potuto lasciare in eredità alle proprie figlie, insieme all’enorme mole di appartamenti, ville al mare, ristoranti, conti in banca e investimenti, anche la collezione di musica scaricata da iTunes.
Infatti, Apple (proprietaria appunto di iTunes), per permettere l’acquisto dei brani online richiede di aprire un account protetto da password, che rimane strettamente “personale” per tutto il periodo della “concessione”.
Per poter poi ascoltare tali brani è necessario utilizzare un dispositivo associato a un account prima autorizzato da iTunes, con impossibilità di trasferirli su altri apparecchi. Precisamente si tratta di una possibilità di ascolto vincolato al solo titolare della licenza.
Chiaramente Bruce è rimasto indietro, al cera una volta l’epoca in cui l’acquisto di un disco o di un CD ne garantiva la piena libertà di fare ciò che si desiderava: prestarlo, regalarlo, trasferirlo in eredità.
Un tempo in cui vi era il possesso materiale dei beni e non quello “digitale”.
Purtroppo non è più così, infatti, nel mondo attuale ad essere venduti non sono più i brani in sé, ma il tutto si sostanzia in dei “noleggi a lunghissimo termine” (lunghi quanto la vita dell’utente o meglio quanto la durata dell’account). Per contro Apple mette ben in chiaro le clausole di licenza, con i “Termini e condizioni” da leggere prima dell’acquisto (cosa che però nessuno fa mai).
Dunque, si pensa di acquistare musica online senza, in realtà, farlo e senza diventarne proprietari.
Anche se chiare, però, queste condizioni non sono state gradite all’attore di Hollywood che, pertanto, ha minacciato azioni legali contro la casa di Cupertino.
Sicuramente finirà tutto in una bolla di sapone o sarà l’ultima trovata pubblicitaria, resta il fatto che però questo fatto riapre o scomodo discorso dei diritti d’autore nell’epoca digitale. Un discorso che, in verità, non è limitato solo alla musica di iTunes, ma vale anche per altri sistemi come il download dei libri digitali tramite Amazon o altri anch’essi concessi in sola licenza d’uso.
Pertanto, se anche la buttade di Willis rimanga solo una semplice provocazione, essa segnerebbe comunque un’importante presa di coscienza su due aspetti.
Il primo è l’atteggiamento da parte delle industrie dei contenuti, di “abusare” dei propri diritti, sottraendo al popolo tutta una serie di aspettative conseguenti all’esborso di denaro. Un’insoddisfazione che, con un ragionamento di più ampio respiro fa capire perché il diffondersi di fenomeni come la pirateria informatica non sono socialmente disapprovati, anzi!
Il secondo, ma non meno importante, è il fatto che il fruitore e “scaricatore” di musica, libri e film on line pur pagando, non potrà disporre di una sua eredità digitale. Tutte le password, gli account personali e i futuri controlli di sicurezza per la protezione dei nostri identificativi di accesso a internet e ai dati scaricati, come saranno il retina-scan e la verifica delle impronte digitali, rischiano di far morire ogni informazione con noi stessi. Orbene, quando non ci saremo più chi saprà come accedervi?