A Bruxelles ancora un incontro ai vertici “tirato”, che si conclude con le solite pose di auto-compiacimento per la strutturazione del piano di sostegno economico eccezionale a favore dei vicini ellenici. Ma ad una attenta esamina del piano di salvataggio europeo è facile vedere che si tratta solo di uno specchio per le allodole.

Quello che lascia più perplessi è l’annuncio che il salvataggio prenderà la forma di un prestito al tasso di mercato. Ciò implica, per definizione, che i mercati non sono disposti a comprare titoli di debito pubblico greco al tasso corrente!!!

L’assurdità della premessa operativa è di tutta evidenza se solo si pensa che l’effettiva erogazione del prestito comporterebbe, necessariamente, l’esclusione della Grecia dai mercati finanziari.

L’idea allora è quella che la Grecia riesca ad uscire dalla crisi utilizzando la promessa di intervento consociato come una sorta di lettera di patronage comunitario che smorzi le ansie dei mercati.

Questa strategia è però pericolosa e rischia di rivelarsi un boomerang finanziario.

Il vero problema della Grecia non è tanto l’accesso ai mercati finanziari, quanto piuttosto la sostenibilità di un tasso di interesse che sarà sempre troppo elevato in considerazione della traiettoria  dell’economia del paese.

Il governo ellenico ha annunciato un piano di austerità volto a ridurre del 4% il rapporto tra deficit e PIL.

Una misura così drastica, per evitare una recessione quasi consequenziale, si deve accompagnare con delle misure di “sollievo” come, tipicamente, una svalutazione della moneta od un prestito a basso tasso del Fondo Monetario Internazionale.

La Grecia non potrà avere accesso né al primo né al secondo.

Il governo potrebbe allora decidere che il default è la scelta più strategica, soprattutto in considerazione del fatto che il 70% del debito pubblico è in mano straniera.

L’accordo sulla Grecia e le modalità con le quali è stato raggiunto la dice lunga sulla “governance” europea e sulle reali capacità della sua classe dirigente di sostenere i principi base della stessa quando confrontati con crisi come quella in discussione.

Come è stato notato da diversi economisti la combinazione dei tre assiomi: no-salvataggi; no-default; no-monetizzazione del debito non è una combinazione sostenibile.

Il “piano greco” emerge quindi come il risultato improbabile delle esigenze di mediazione tra la volontà tedesca di non pagare, nel rispetto più stretto del principio del divieto di salvataggio, e quella della banca Centrale di evitare che L’IMF entrasse nella partita europea con un ruolo importante sul piano non solo economico ma anche, inevitabilmente, politico.

Il piano dunque non risolve il problema della Grecia, e nemmeno di qualsiasi altro paese membro che si trovasse nella stessa situazione, ma è solo una “toppa” politica tra la Merkel e la ECB da un lato e l’IMF dall’altro.

Nel mondo reale intanto continua a echeggiare la domanda più importante (perchè nessuno ne conosce la risposta): il piano di austerità greco è credibile?

I proclami compiaciuti e le pose di rito a Bruxelles  non riusciranno a far dimenticare la domanda ai cittadini europei e ancor meno ai mercati finanziari.