A 24 ore dal maxi-prestito spagnolo si iniziano a sentire i vocii, le lamentele che denunciano che in Europa qualche Stato Membro è più Membro degli altri.

Il partito di Syriza, l’estrema sinistra greca, ha scorto, immediatamente, un ulteriore valido appiglio alla propria opposizione all’austerità europea proprio in quella mancanza di coerenza strategica, unità di visione economica e “sentimento” politico che, per l’ennesima volta, ha caratterizzato l’azione della Comunità Europea in tema di gestione della crisi finanziaria.

Le condizioni “speciali” del finanziamento iberico, che per non urtare la suscettibilità nazionale non è stato tecnicamente qualificato come un “bail-out”, ovvero come un vero e proprio salvataggio del sistema paese Spagna, offrono ai greci una ragione in più per opporsi alle misure di austerità draconiana che sta “adducendo infiniti lutti agli achei” e chiedere una applicazione retroattiva delle condizioni “strappate” dalla Spagna.

Insomma il principio cavalleresco dell’uno per tutti e tutti per uno sembra proprio non riuscire a trovare cittadinanza nell’Unione che, cosa peggiore per un sistema che dovrebbe essere organico e paritario, inizia a porre pericolosi “distinguo” tra i partecipanti.

L’ironia sta nel fatto che una, a questo punto affatto da escludere, uscita della Grecia dalla moneta unica danneggerebbe per prima proprio la Spagna.

I grandi operatori finanziari internazionali non potrebbero, per definizione, mettere in atto una politica di “uscita selettiva” dall’Euro; in altre parole non ci potrebbe essere, ovviamente, un’uscita dall’euro greco ma non dall’Euro spagnolo! (Con buona pace del ministro Scheubele).

Il ritiro dei capitali internazionali farà più male, appunto, a chi sta messo “peggio” e quindi a tutta la periferia europea indistintamente.

Pensare diversamente è politicamente ed economicamente insensato e la prova ne è il fatto che il breve rimbalzo della moneta unica, a quota 1.2672 sul dollaro, è stato appunto molto….breve.

100 miliardi sono tanti si, ma le banche spagnole  potrebbero avere bisogno di una bombola di ossigeno ancora più capiente e, quel che è più grave, non vi è ancora sufficiente chiarezza sulla modalità con le quali le banche spagnole saranno ricapitalizzate.

La “delivery”, ovvero le concrete modalità di implementazione della strategia di salvataggio sono ancora “offuscate”.

Non si  sa quale organismo sarà chiamato a fungere da erogatore e le implicazioni sono, per gli investitori internazionali, molto importanti in quanto vanno ad impattare direttamente la loro abilità/possibilità di andare a recuperare le somme prestate in caso le cose si mettano male.

Qualora il maxi prestito fosse erogato dall’ESM (European Stability Mechanism) tutti gli attuali detentori di debito pubblico spagnolo passerebbero in seconda, terza, quarta fila….in caso di “insinuazione nella massa fallimentare di Stato”.

La prospettiva certamente non piace come, del resto, è reso ben evidente dal rendimento dei bonos spagnoli che ancora veleggia a quota 6,48%.

Il maxi prestito spagnolo, attenzione però a non dire agli spagnoli che di prestito si tratta, potrebbe essere be definito come uno dei sedativi monetari più cari che la moderna economia abbia visto, ma il coefficiente psicotropo rimane, purtroppo, molto “contenuto”.