La crisi di mercato che stiamo attraversando sta esasperando le situazioni di conflittualità tra i vari interessi coinvolti nella gestione e direzione societaria [azionisti, creditori e dipendenti]. Sempre più spesso si assiste all’esperimento di azioni di responsabilità contrattuale nei confronti dell’organo amministrativo, per tale ragione appare opportuno un approfondimento sul tema delle responsabilità degli amministratori. Nell’adempimento dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto gli amministratori devono usare la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico: il che non significa che gli amministratori debbano necessariamente essere periti in contabilità, in materia finanziaria e, in ogni settore della gestione e dell’amministrazione dell’impresa sociale. Significa tuttavia che le loro scelte devono essere informate e meditate,basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, e non di irresponsabile o negligente improvvisazione. In particolare gli amministratori di una Società per azioni hanno l’obbligo di gestire diligentemente la società da essi amministrata per non incorrere in tutte le fattispecie di responsabilità verso la società, verso i soci e verso i terzi creditori previste dal Codice Civile. Compiendo una significativa modifica rispetto al testo previgente l’articolo 2392 C.C. fa riferimento [non più alla diligenza dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, richiamando la cosiddetta diligenza qualificata di cui all’articolo 1176, comma 2 C.C. Deve prestarsi rilievo tanto alla natura dell’incarico rivestito, quanto alle specifiche competenze richieste ai singoli amministratori , da sottolinearsi anche l’importanza della differenziazione della valutazione della diligenza attraverso il riconoscimento delle responsabilità degli amministratori secondo le competenza che gli stessi singolarmente posseggono.
Recentissima sentenza della Corte di Cassazione
In particolare la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18231 del 12/09/2009 , ha affermato che l’addebito di responsabilità nel caso dell’Amministratore accusato di aver mal gestito l’impresa, non si fonda sulla violazione di specifiche norme di legge o di clausole statutarie, bensì, sull’osservanza del criterio generale di diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. La decisione della Cassazione condanna gli ex amministratori di una società finanziaria a risarcire i danni provocati dalla negligente esecuzione dell’incarico ricevuto. Il caso vede i due amministratori della società finanziaria, successivamente fallita, deliberare la concessione di fidi a diverse società senza pretendere adeguate garanzie. Condannati nei primi gradi di giudizio , gli amministratori hanno proposto in Cassazione sul presupposto :
a) di non aver violato alcuna specifica disposizione
di legge;
b) dell’andamento sfavorevole del mercato.
La Suprema Corte ha ritenuto invece sussistente la responsabilità degli amministratori affermando che essa si fonda, non sulla violazione di specifiche norme di legge o clausole statutarie ma sull’osservanza del criterio generale di diligenza propria del mandatario. Questa decisione fornisce l’occasione per tornare sulla distinzione tra violazioni di specifici obblighi di legge e violazione di regole di condotta generali, quali la regola di diligenza, e per comprendere fino a che punto le scelte discrezionali degli amministratori relative alla gestione dell’impresa siano effettivamente insindacabili dal giudice. La Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, l’imprenditore avesse tenuto una condotta che non rispettava il canone di diligenza richiesto dal soggetto che conduce l’impresa; tale condotta, nello specifico era consistita nell’imprudente omissione di richiesta di garanzie reali o personali, nei confronti delle società terze, che andava a finanziare esponendo l’impresa a perdite.
Il concetto di Perizia
Questione controversa è il fatto che in capo all’amministratore gravi l’obbligo non solo di comportarsi secondo i canoni della diligenza ma anche secondo perizia. E’ doveroso dire che , accanto all’opinione di chi non ritiene che gli amministratori di società oltre a essere diligenti siano anche periti, si annota l’opinione prevalente di chi ritiene che la perizia costituisca un dovere preciso degli amministratori da osservare quale “prudenza ed avvedutezza per il compimento delle attività tipiche gestorie ed anche per il controllo sull’agire degli altri amministratori”. In giurisprudenza è stato sostenuto che “ il principio secondo cui il dovere di diligenza non comprende il dovere di perizia, ossia la personale cognizione da parte dell’amministratore delle svariate tecniche la cui applicazione può essere opportuna per una migliore gestione dell’impresa non può esonerare il singolo amministratore dalla conoscenza delle regole fondamentali ed essenziali alla professionalità di quella funzione… ; con la conseguenza che la mancata acquisizione di queste regole fondamentali da parte degli amministratori prima di assumere la carica costituisca violazione del dovere di diligenza che su lui grava [cfr Cassaz. Civ. sez I 4 aprile 98 n. 3483].In sintesi si può quindi condividere l’opinione in virtù della quale dall’art. 2381 comma 6 c.c. “gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato…” può desumersi non tanto un obbligo di periziaquanto piuttosto un “dovere di competenza che si traduce nell’obbligo del nominato di accettare l’incarico di amministratore se e solo se in grado di esercitare la funzione. In virtù di un principio di autoresponsabilità ha il dovere di accettare la nomina esclusivamente se è consapevole di possedere la capacità richiesta per l’espletamento dei compiti affidatagli.
(In)sindacabilità degli atti di gestione
Riguarda la possibilità da parte di un giudice di sindacare decisoni imprudenti o addirittura irragionevoli degli amministratori. Si segnala che all’amministratore di una società di capitali non può essere imputato , a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore , non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della Società . Conseguentemente, il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione, ma solo l’eventuale carenza nell’agire quotidiano delle verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, effettuata in costanza e secondo la misura delle proprie competenze quale gestore di un patrimonio altrui agente senza alcun interesse conflittuale con quello della società amministrata.