Non esiste, allo stato, una legge che imponga l’obbligo della vaccinazione (contro il Covid) anche se, da più parti, la si ritiene auspicabile.

In effetti diversi paesi fanno i conti con il principio (in Italia sancito da un principio dettato dalla Costituzione) della impossibilità di imporre un trattamento sanitario (ivi incluso il vaccino). Il problema si pone, in particolare, sui luoghi di lavoro. Che cosa deve o può fare il datore di lavoro nei riguardi di un lavoratore riottoso alla somministrazione del vaccino?

E’ innegabile che sul datore di lavoro incombe un obbligo generale di tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti (ex. art. 2087 c.c.) nonché un obbligo specifico di adottare misure protettive in caso di rischio di esposizione ad agenti biologici (art. 266 e segg. Dlgs. 81/2008) tra i quali è stato espressamente incluso il Covid-19. A ciò si aggiunga poi la questione della responsabilità datoriale nei riguardi dei terzi (pazienti, clienti ecc..) ai quali la attività si rivolge.

Le opinioni sino ad ora registrate tra i vari giuslavoristi, variano tra un atteggiamento più rigorista che arriva ad ipotizzare una responsabilità disciplinare per chi contravvenga ad un’eventuale direttiva del datore di lavoro di vaccinarsi ed uno (prevalente) che ipotizza, per il lavoratore che si rifiuta, una temporanea impossibilità di rendere la prestazione lavorativa in sicurezza con conseguente allontanamento dal lavoro senza retribuzione.

Sulla vicenda ha preso posizione anche il garante della privacy: secondo quest’ultimo deve ritenersi preclusa per il datore di lavoro la possibilità di chiedere (direttamente) al lavoratore informazioni sul suo stato vaccinale. E’ riservato esclusivamente al medico competente il trattamento dei dati sanitari.

Il datore di lavoro dovrà pertanto attivarsi, per il tramite del medico competente, al fine di mettere in campo tutte le iniziative atte a richiedere la vaccinazione come requisito per lavorare in sicurezza valutando così la idoneità al lavoro di chi non vi si sottopone.

Si sta anche discutendo in ordine alla eventuale esclusione del risarcimento Inail per l’eventuale contagio sul luogo di lavoro imputabile al comportamento volontario del lavoratore (che si è dunque rifiutato di vaccinarsi).