Fuga hot per il lavoratore, che abbandona temporaneamente la propria postazione per un ‘impegno’ sessuale con una donna. Tutto occulto, fino a quando un utente non apre la porta del locale pulizie e si ritrova davanti la coppia in attegiamenti a dir poco inequivocabii.

Questo imprevisto è fatale per l’uomo, che può dire addio definitivamente al proprio posto lavoro (Cassazione, sentenza 23378/14).

Sia in primo che in secondo grado, il giudice del merito respingeva l’impugnativa al licenziamento proposta dal lavoratore, osservando che il ricorrente aveva violato i più fondamentali doveri connessi al rapporto di lavoro ed aveva tenuto una condotta potenzialmente pericolosa per gli utenti, essendo egli l’unico agente di stazione.

Secondo la ricostruzione fatta dall’azienda, «il lavoratore, nel normale orario di lavoro, non presenziava la sua postazione lavorativa presso il banco ‘agenti di stazione’, senza avere richiesto la preventiva autorizzazione, e veniva sorpreso da una utente, nel locale in uso alla ditta di pulizie» impegnato in un «atto sessuale con una donna». 

Ciò, per i giudici, rappresenta una evidente «violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro», e un «comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’impresa», soprattutto tenendo presente che il dipendente, con la propria condotta, aveva creato un notevole «pericolo per la sicurezza», poiché le sue «mansioni erano di particolare responsabilità per la gestione della sicurezza dell’impianto» essendo lui «l’unico agente di stazione».

Secondo l’uomo, la decisione presa dall’azienda è eccessiva: «l’allontanamento era meramente temporaneo» – e a suo carico non vi erano «precedenti disciplinari» –, e, spiega che da contratto, è prevista «la sanzione della multa fino a un massimo di quattro ore di retribuzione». Per giunta, aggiunge ancora l’uomo, «l’agente di stazione» ha «compiti generici di controllo», quindi la «condotta» addebitatagli «non aveva determinato conseguenze pregiudizievoli per l’azienda, né danno all’immagine». 

Nonostante tutto, però, la posizione dell’uomo non viene valutata meno precaria, anzi.

A questo punto, al ricorrente non restava che la strada del giudizio di legittimità. In particolare, il lavoratore, in tale sede, ha sostenuto che, per la sua condotta (riduttivamente identificata nell’allontanamento, non autorizzato, dal posto di lavoro), il contratto di settore prevede una sanzione conservativa. Aggiungeva, tra l’altro, che il magazzino, in cui si sarebbe consumato l’atto sessuale, era un locale tecnico non accessibile all’utenza e che, pertanto, era stata rispettata la regola della riservatezza.

Ribattono i giudici della Cassazione, evidenziando che ci sono altri elementi importanti, come la «causale dell’abbandono del servizio» e la «natura dei compiti (di vigilanza) assegnati». Senza dimenticare, poi, l’aspetto più delicato, ossia il fatto che il lavoratore era «unico agente presso l’impianto della stazione metropolitana» con il «conseguente dovere di attenzione sotto il profilo della tutela della sicurezza» dei viaggiatori. Ciò significa, concludono i giudici, che è evidente non solo la «giusta causa» del licenziamento, ma anche la «proporzionalità» della sanzione decisa dall’azienda rispetto alla «condotta» tenuta dal lavoratore.