Un dato economico da cui partire: le quotazioni in borsa delle imprese dei paesi emergenti hanno di media un valore monetario doppio (ovvero una nuova azione di un’ impresa cinese vale il doppio di una nuova azione tedesca ad esempio) rispetto alle quotazioni delle imprese dei paesi sviluppati (economie mature) e ciò nonostante tali ultime abbiano  mercati di sbocco  decisamente più ampli delle prime.

Dov’è l’errore? L’errore sta nel fatto che non vi è, come dimostrato da numerosi studi, una correlazione tra la crescita del prodotto interno lordo e i ritorni degli investimenti azionari.

Uno studio che esamina 100 anni di investimenti azionari (del Professor J. Ritter dell’Università della Florida) conclude, a sorpresa, che i paesi ad alto potenziale di crescita offrono in media ritorni azionari scarsi.

Condizione fondamentale per poter “agganciare” la crescita globale di un paese emergente è quella di effettuare investimenti quando i corsi azionari sono ancora bassi.

Come si spiega questa conclusione apparentemente illogica?

La spiegazione sta nel fatto che non si possono comprare delle parti di quel concetto economico  astratto che definiamo Prodotto Interno Lordo. Si possono solo comprare azioni di società che operano nell’economia reale. Ed i flussi di cassa delle imprese dei paese emergenti sono, in media, più poveri di quelli delle loro “sorelle” che operano in mercati maturi.

Ciò comporta che le imprese dei paesi in via di sviluppo tendono a finanziare la loro crescita ricorrendo a nuovo capitale, grazie alla facilità di reperimento del medesimo, senza preoccuparsi di garantire un miglior ritorno agli azionisti.

Oggi esiste la condizione essenziale per aver un buon ritorno sull’investimento azionario? Ovvero si può approfittare di corsi azionari bassi?

L’economia cinese si trova, nonostante le perdite post- crisi, in una situazione di “bolla” piena.

Il Price to Earnings Ratio (ovvero il rapporto tra il costo di un’azione rapportato alla generazione di reddito della società emittente) in Cina è mediamente ancora a quota 50, ovvero molto superiore a quanto si verificava nel Giappone degli anni 80.

Il P/E ratio negli Stati Uniti si attesta mediamente intorno a 15.

Il confronto di tali dati economici mette ben in evidenza che l’acquisto di azioni di compagnie emergenti non è ancora “a buon mercato”.

Altro dato economico caratterizzante l’economia Cinese di oggi è il rapporto tra gli investimenti in immobilizzazioni materiali ed il prodotto intento lordo.

Oggi tale rapporto si attesta al 50%.

Una diminuzione, certamente possibile, di tale ritmo di investimenti avrebbe ripercussioni disastrose su tutta l’economia  con le inevitabili conseguenze deflazionarie che farebbero emergere in tutta la sua evidenza la sovra-capacità dell’economia cinese e le sue distorsioni, delle quali il rapporto investimenti/pil è sicuramente la più inquietante.

Tutto ciò per dire e ribadire che il successo del ritorno dell’investimento azionario nelle economie emergenti è fortemente collegato al prezzo pagato per l’azione.