Attilio Befera, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate mi ha fatto compagnia, con una sua lunga lettera pubblicata sul Corriere della Sera, per due settimane.
Mi sono tenuto quello “scritto” sulla scrivania e l’ho letto e riletto fino quasi ad impararlo a memoria.
C’è qualcosa, in quella lettera, di molto più inquietante della facilmente ridicolizzabile pretesa di ricostruire il reddito del contribuente anche in base alle spese per i saponi destinati all’igiene intima.
C’è qualcosa di più sinistro e abrasivo del tecnicismo dell’inversione dell’onere della prova tra fisco e contribuente.
Ciò che inquieta, e non è un’iperbole, è la virulenza con la quale le parole fanno emergere la fede inamovibile del Direttore nell’irrefutabile validità economica, e morale, del “dover essere” dell’algoritmo della congruità tributaria, da un lato, e, dall’altro, la convinzione, vera, onesta, sentita, che l’adesione, o l’aderenza, al Parametro, sia un bene non solo per il sistema Paese ma anche per il singolo chiamato al vaglio della conformità economico-statistica.
Il dramma è questo. Befera è in buona fede; come tutti i crociati sente di muoversi avvolto nel manto luccicante e puro di chi sa di avere a cura solo l’interesse generale, il bene pubblico senza compromessi e senza interessi personali.
L’assioma tra l’animo del direttore e la realizzazione di ciò che è “buono e giusto” da parte del redditometro è lineare, cristallino, limpido ed implacabile. Come ha fatto dunque Ostellino a non accorgersene? Come fate tutti voi a non accorgervene? Questo ci chiede il Direttore con la sua lettera.
Nel contraddittorio, con onere della prova inverso, si troverà la ricongiunzione perfetta tra il modello universale a tendere del contribuente conforme e la rilevanza, sempre sfuggente e multiforme, dell’empirico, della vita di tutti i giorni in quanto, proprio come dice Befera “l’esperienza comune dimostra che nessuno più del contribuente stesso può sapere come stiano effettivamente le cose”.
Ecco la perfezione dell’alchimia tributaria della quale Befera è il gran sacerdote, il grande Gandalf.
Se tutto questo si riducesse alla solita mera propaganda politica, alla costruzione di strumenti nati con il solo fine di essere poi sacrificati nel mercimonio del mercatino partitico dormirei sogni tranquilli. Ma Befera crede veramente a quel che dice, è onesto con se stesso e con il contribuente e proprio per questo non si capacita di tanta ingratitudine.
Questo dovrebbe tenerci tutti svegli la notte.