Il D.L. 22 Ottobre 2016 n. 193 ha introdotto la facoltà di avviare a definizione (rottamazione) in via agevolata i ruoli relativi a imposte e tributi assegnati all’agente della riscossione dal 2000 al 2015.

Il Decreto (ancora in fase di conversione) non chiarisce tuttavia in maniera esaustiva gli aspetti pratici afferenti il funzionamento della summenzionata procedura.

Un dato certo è quello relativo alla adesione della procedura in questione che avviene attraverso l’impiego di un modulo (dichiarazione del contribuente) scaricabile dal sito di Equitalia; tale adesione potrà essere effettuata entro e non oltre il 23 Gennaio 2017.

Attraverso la precitata dichiarazione deve altresì essere indicata la pendenza di liti aventi ad oggetto i carichi cui afferisce la dichiarazione con tanto di impegno alla rinuncia dei giudizi medesimi.

Entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto Decreto (24 Aprile 2017), l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno presentato la dichiarazione l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini di definizione, quello delle singole rate (ove sia stata formulata richiesta di rateizzazione) e delle relative scadenze.

In ogni caso, tuttavia, la scadenza della terza rata non può superare il 15.12.2017 mentre la quarta non può oltrepassare il 15.03.2018.

Il problema si pone tuttavia per quanto riguarda il coordinamento tra la procedura in questione ed i giudizi pendenti innanzi alle commissioni tributarie; gli stessi infatti non vengono sospesi posto che la rottamazione è comunque una facoltà attribuita al contribuente che tuttavia implica una rinuncia al giudizio(che deve essere espressa già, come detto, nella istanza introduttiva al procedimento di cui trattasi).

Si pone dunque la questione di come gestire la situazione che vede il contribuente essere reso destinatario della comunicazione della data di udienza quando ancora non è in grado di poter decidere se aderire o meno alla definizione.

Il problema non si pone ove il contribuente intenda comunque proseguire nel giudizio (manifestando dunque, di fatto, la volontà di non aderire alla definizione) mentre, in caso contrario, l’unica alternativa (in attesa che vengano a definirsi i contorni e i contenuti della eventuale procedura di adesione) sarebbe quella di chiedere un rinvio con memoria ex. art. 32 D.lgs 31.12.1992 n. 546 o direttamente in pubblica udienza nel caso in cui la stessa sia stata richiesta.

Nella ipotesi di trattazione della causa in camera di consiglio la istanza di rinvio potrebbe proporsi con le memorie da depositarsi nei cinque giorni liberi prima della udienza; sarà poi discrezione del giudicante accordare o meno detto rinvio.

In un quadro normativo ancora confuso sarebbe comunque auspicabile un intervento chiarificatore proprio con riguardo al reale impatto delle procedure di adesione sui giudizi pendenti.