Lo strumento del redditometro, innovato  dal Decreto Ministeriale 24/12/12 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4/1/13 ) ha determinato quali siano gli elementi indicativi dai quali si possa supporre da parte del fisco, quale siano la capacità contributiva  ed il reddito complessivo dei soggetti esaminati.

Il Tribunale di Napoli, a seguito di ricorso da parte di un pensionato che contestava come con il detto strumento il fisco avrebbe potuto conoscere aspetti molto privati della sua vita,  per il fatto che vengono valutate anche le spese per cure mediche, con ordinanza ha imposto all’Agenzia delle Entrate di non effettuare alcuna ricognizione, archiviazione o attività di conoscenza e utilizzo dei dati relativi a quanto previsto dall’art. 38 comma 4 e 5  DPR 600/73. Con la medesima ordinanza il Tribunale ordinava altresì di interrompere ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente.

I Giudici motivano osservando che il decreto ministeriale è illegittimo e nullo ex art. 21 septies l. 241/90 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione, in quanto emanato del tutto all’esterno dei limite della legge primaria, della costituzione e del diritto comunitario. Il redditometro infatti, utilizza categorie e presunzioni che non sono previste nella legge di attribuzione che impone l’identificazione di categorie di contribuenti. Il decreto ministeriale contrariamente, non individua le dette categorie ma si basa su altro, ponendo sotto controllo anche le spese riferibili a soggetti diversi  dal contribuente come gli appartenenti al medesimo nucleo familiare, per esempio nell’ipotesi di medicinale acquistato per un familiare.

Il decreto ministeriale non opera alcuna distinzione tra gruppi di contribuenti  così come imposto dall’art. 38 dpr 600/73 e dall’art. 53 Cost., ma in maniera autonoma opera una distinzione di tipologie familiari divise in aree geografiche, e collocando in esse tipi di contribuenti del tutto differenti tra loro (funzionario, impiegato, operaio, chi è ha avuto saltuari periodi di disoccupazione,,,) .

Con il redditometro, in violazione degli artt. 2 e 13 Cost , degli artt. 1,7,8 della Carta dei diritti Fondamentali della UE,  e dell’art. 38 dpr 600/73  che prevede la raccolta e conservazione  non di tutte le spese fatte dal soggetto, ma di particolari voci di spesa diverse tra loro per genere, il contribuente viene violato nel proprio diritto alla privacy, alla gestione autonoma del proprio denaro, ed alla libertà delle proprie determinazioni senza le intrusioni dell’esecutivo.

Il decreto ministeriale altresì, utilizza l’attività ISTAT per determinare le spese medie delle famiglie, la quale non ha a che vedere con la materia tributaria, che invece dovrebbe indirizzare la sua indagine alla specifica ricostruzione dei profili differenziati dei contribuenti.

Il Tribunale di Napoli chiarisce inoltre, che ingiustamente, in tal modo, viene riconosciuto un potere di cui non può godere neppure l’autorità giudiziaria penale.

Con l’utilizzo del sistema del redditometro verrebbero violati anche i principi costituzionali di difesa e ragionevolezza (artt. 24 e 3 Cost) poiché è impossibile dare prova di aver speso meno di quanto risulta dalla media Istat, posto che è impossibile provare ciò che non si è fatto o comprato.